domenica 30 settembre 2012

Memoria labile

Debriefing sul Zenithum

L'uomo continuava a guardarmi con diffidenza, aspettando una risposta che non sapevo dargli. Era seduto davanti a me, dall'altra parte della scrivania, nella sala interrogatori. Sopra il ripiano del tavolo c'era un dossier chiuso e un portacenere dove riposava una sigaretta accesa. Gli estrattori d'aria della stanza facevano quello che potevano, ma la puzza di sigaretta sembrava non volersene andare. Sbuffò e riprese a parlare.
«Lei stava camminando.», rispose per me, «Si rende conto di quello che implica?»
Non lo ricordavo. Dopo l'incidente non c'era nulla fino a quando “ripresi coscienza” nel trasporta truppe blindato. Quel dettaglio mi colse di sorpresa. Rabbrividii immaginandomi la scena.
«Cristo... davvero mi avete trovato a camminare come se nulla fosse in mezzo alla zona 4?»
«Sì.»
Riflettei un po', poi scossi la testa, «Impossibile.»
«Lo pensiamo anche noi.»
L'uomo prese la sigaretta e tirò una lunga boccata, fissandomi. Poi, finita, la schiacciò nel posacenere ed esalò con calma.
«Cosa si ricorda?»
Fissai un punto impreciso del tavolo e cominciai a raccontare quello che ricordavo.

Ore 13.44. L'ex cava Postir era completamente deserta. Vista dal satellite ricordava una scheggiatura bianca tra il Carso e l'Isonzo. La fitta vegetazione verde tutta attorno la rendeva un silenzioso paradiso bucolico. Era silenziosa anche prima del disastro di Trieste ‒ era in disuso da qualche decennio ‒ ma adesso lo era in un modo inquietante: chiunque sia stato nella zona ha provato quella sensazione sulla sua pelle.
In cima all'angolo sud-ovest della cava, solo un attento osservatore sarebbe stato capace di accorgersi che in mezzo alla vegetazione un piccolo blindato da esplorazione VBL dell'ONU era fermo, a motore spento. La difficoltà nell'individuarlo stava nella mimetica: era stato dipinto con una colorazione boschiva invece della classica pittura bianca con le scritte nere.
Al suo interno due soldati stavano monitorando la cava. Uno stava guardandosi attorno con un visore termografico, l'altro aveva un normale binocolo con telemetro incorporato.
«Nessuna forma di vita rilevata, però vedo un falso positivo.»
«Dove?»
«Dall'altra parte della cava, sulla cima di quella parete. Direzione 055.»
Il tenente puntò in quella direzione con il binocolo, senza vedere niente. C'era solo vegetazione e roccia.
Sospirò. «Che forma ha?»
«Aveva... sembrava solo una macchia informe», il sergente mise via il visore.
«Va bene, la segno sul registro e rimaniamo in attes—»
«Cinghiale 1, qui papa aquila. Rapporto sulla situazione, passo.», al suono della radio entrambi sobbalzarono.
«Cristo!», esclamò il sergente, «Non avevano chiesto il silenzio radio?»
«Che cazzo dirti, li hai mai visti organizzati?»
Il sergente ci pensò un po'.
«No.», rispose.
«E allora...»
«Rispondiamo?»
Il tenente cominciò a fissare la radio pensando. Passarono una decina di secondi, poi gli rispose.
«Non trasmetterò niente. Gli ordini erano chiari: “Entrati nella zona di alienazione 4 silenzio radio fino a fine missione.” Come trasmettiamo qualcosa da qua dentro, tempo cinque minuti, arriva qualcuno e saltiamo per aria. Manteniamo un profilo basso e non ci sarà da preoccuparsi.»
«Quindi?»
«Quindi niente. Stiamo buoni e torniamo ad aspettare.»
Tutti e due ripresero ad osservare la cava con i rispettivi strumenti.
«Cinghiale 1, qui papa aquila. Rapporto sulla situazione, passo.»
«I nomi in codice però sono quelli giusti.», appuntò il sergente, abbassando il visore e guardando il tenente.
«Potrebbe essere una trappola. Non trasmettiamo niente, punto e basta. Torna ad esaminare la cava.», fece una lunga pausa e poi riprese a parlare, «E poi la sicurezza in sede è un colabrodo, non mi fido.»

L'uomo mi interruppe.
«A che punto era il sole?»
«In quel momento non saprei, le ombre erano troppo lunghe. L'eliogoniometro non era stato ancora acceso.»
«Si ricorda qualche lettura dello strumento? L'avrete acceso almeno una volta.»
Chiusi gli occhi cercando di far riaffiorare nella mente l'immagine del display.
«Mi faccia pensare...»

Ore 14.03.
«Com'è messo il sole?»
Il tenente fece scattare un interruttore sul tetto e un display a 7 segmenti vicino ad esso si animò, illuminando tutti i segmenti in un '+88,88°'. Fuori dal veicolo, all'interno della sfera scura fissata sul tetto, i meccanismi del fotorilevatore e dell'eliogoniometro cominciarono a ronzare per metterlo in asse con il disco solare. Finita la calibrazione, il display restituì il dato richiesto: '+78,44°'.
Il tenente sbuffò, «Cazzo, si è abbassato un po'.»
«Merda.»
Il tenente richiuse l'interruttore e lo strumento si spense, mentre il sergente sprofondava nel sedile che stava cominciando a diventare troppo scomodo.
«Alla fine hanno capito come mai fa questo scherzo?»
«Ah... non ci stanno capendo un cazzo di quello che accade in questo posto, figurati capire perché il sole non segue più una traiettoria logica.», il tenente riprese il binocolo e tornò a guardare la cava, «Ho sentito delle voci che parlano di un'ipotetica “lente d'aria” che fluttua sopra la zona e che ci fa vedere il sole in una posizione diversa dal resto del mondo. Però... sai com'è.»
Il sergente annuì e guardò l'orologio, «Rientriamo?»
«Dagli tempo, vedrai che risalirà.»
«Voglio dire, siamo qui da quasi un'ora oltre il tempo previsto dalla missione, comincio a pensare che oggi non raggiungerà lo zenith.»
«Dagli ancora un po' di tempo.»
Il sergente sbuffò seccato e il tenente non prese bene la reazione. Lo guardò con aria truce.
«Senti un po', ti sei offerto come volontario o no?»
Il sergente prese il visore termografico e tornò a guardare fuori senza ammetterlo.
Poi il tenente riprese la parola, «E la missione prevede di tornare a casa almeno con una foto del reperto Zenithium—»
«Se esiste.», lo interruppe il sergente riabbassando il visore.
«SÌ, SE ESISTE! Ma di certo la missione non è solo quella di superare il tempo previsto per intascarsi gli straordinari e non risolvere niente. Finché il sole resta attorno allo zenith non ci muov—»
«Cinghiale 1, qui papa aquila. Rapporto sulla situazione, passo.»
«Cazzo... ancora.», sospirò il tenente.
«Quelli ci vogliono far tornare.»
«No... sarà qualcuno che ci vuole localizzare. Torniamo a concentrarci sulla cava e vediamo se il reperto farà la cortesia di farsi vedere prima che il sole di raggiunga i 90° spaccati. Magari non ti sarà sembrato, ma anche io voglio andarmene da questo inferno il prima possibile.»

«Davvero non avevate risposto per questo?», mi chiese l'uomo mentre estraeva dalla tasca un pacchetto di sigarette con scritte e bollino italiano. Doveva essere arrivato da pochissimo: qui tutti andavano in giro con le sigarette slovene. Non che fossero più buone, ma costavano meno.
Lo guardai stranito, la domanda aveva una risposta ovvia. Per me.
«Non avete trovato il VBL?»
L'uomo aprì il dossier e cominciò a scartare un po' di fogli fino a quando non estrasse una fotografia che spinse dalla mia parte del tavolo. «Eccolo. Un ricognitore terrestre l'ha trovato nella cava e ha scattato una foto.»
La osservai, «Ah, allora non l'avete visto.», conclusi.
L'uomo mi guardò con l'accendino tra le dita e la sigaretta in bocca; con un cenno della mano mi esortò a continuare.

Ore 14.21. Il tenente spense l'eliogoniometro.
«Però... siamo sulla buona strada. Ottantadue gradi in rapida salita. Tieni gli occhi incollati alla cava, vediamo se comincia a farsi visibile.»
«Prendo la termo?»
Il tenente ci pensò un po', «Sì, controlla con la termo.»
Il sergente accese il visore, «Oh merda. Dentro la cava. Abbiamo... sei, sette forse otto falsi positivi. Vedi nulla?»
«Negativo, zero.»
«Cinghiale 1, qui papa aquila. Rapporto sulla situazione. Possibile 401 in vostra zona. Passo.»
I due raggelarono sul posto.
«Occristo, no...», il tenente prese il mano la trasmittente della radio e aprì la comunicazione, «Papa aquila, qui cinghiale 1. Siamo alla postazione delta. Possibile contatto con l'obiettivo in pochi minuti. Chiediamo dettagli sul 401 per valutare se rientrare. Passo.»
«Cinghiale 1, finalmente. Stavamo perdendo la speranza. I guardiani indicano attività anomale in forte aumento nei quadranti 510590, 510589, 511590...», la radio si ammutolì in rumore bianco.
«Papa aquila, mi ricevete? Papa aquila? Passo.»
Passarono una decina di secondi e la radio si attivò nuovamente.
«Cinghiale 1, rimanete pure della vostra posizione.», ma la voce non era la stessa ascoltata in precedenza.
I due si guardarono negli occhi confusi; ebbero giusto il tempo di mettere assieme le idee ed esclamarono in coro, «CAZZO!»
Il tenente accese il motore e fece scattare il blindato lungo la discesa, a fianco del costone di roccia della cava; un istante dopo un'esplosione colpì il terreno sotto di loro. Il veicolo scivolò di lato, cominciando a precipitare sul fondo della cava. Dentro la cabina non ebbero il tempo di capire bene cosa fosse successo.
Dopo qualche secondo il veicolo si fracassò a terra.

«Mi sta prendendo in giro?»
«Secondo me, se tornaste alla posizione delta, trovereste dei solchi compatibili con una carica cava anticarro; probabilmente un RPG7.», finita la frase, mi fermai a guardare l'uomo che stava finendo l'ennesima sigaretta.
«Tutto qui?»
Aprii le mani, con i palmi rivolti verso l'alto, «Sarà stato lo shock. Che vi posso dire, la memoria comincia a tornare da quando mi sono trovato dentro al blindato che mi ha riportato qui.» L'uomo spense la sigaretta.
«Si rende conto che la sua versione ha una lacuna non indifferente?»
«Certo.»
«Non sto parlando del tempo trascorso, ma della plausibilità.»
Mi accigliai, «Mi faccia capire meglio.»
«L'abbiamo trovata che camminava ‒ quasi come se stesse facendo una passeggiata ‒ lungo la statale 56 nel mezzo dell'insediamento di Villanova.»
Ripensai alla situazione e rabbrividii di nuovo. Non sapendo che dire, feci spallucce.
«Chiunque sarebbe morto o scomparso facendosi a piedi un tratto simile e finché non riusciremo ad avere un quadro chiaro di quanto è successo, sarà difficile rimandarla in libertà.»
«Ecco...»
«Sì?»
«Non so... non riesco a... ho un'immagine in testa, ma non riesco a distinguere se sia successo veramente oppure no.»
«Allora la prenderò con le pinze, non si preoccupi.»
«Ricordo ‒ almeno credo di ricordare ‒ di aver strisciato fuori dal veicolo, una porta aveva ceduto, e— insomma guardo in avanti. Vedo gli alberi e, più vicino, il traliccio della cisterna poco distante e...», mi fermai pensieroso.
«Cosa ha visto?»
«Le ombre a terra, sembravano... volersi nascondere. Erano piccole; il sole doveva essere allo zenith e ho visto, qualcosa... ma non riesco a focalizzarlo... lo sentivo... nel senso che lo percepivo dentro di me, ma... non riuscivo a capire cosa fosse.», mi fermai, spossato da quella memoria.
«Quante volte ha avuto modo di vedere materia anomala?»
«Mai.»
«Capisco.»
«C'è altro?», chiesi preoccupato.
«Direi che per oggi siamo arrivati ad un primo punto.», l'uomo si alzò dalla sedia, si girò verso lo specchio facendo un cenno con la mano, «La lascio andare a mangiare e a riposare. Ci rivedremo domani per approfondire questa parte.»
«Le posso chiedere...», portai alla bocca l'indice ed il medio della mano destra, mimando il gesto di una boccata.
L'uomo sorrise e mi lanciò una sigaretta dal pacchetto che stava riponendo in una tasca della giacca, per poi lasciare la stanza. Una guardia entrò dalla porta per accompagnarmi alla mensa e poi a una piccola cella, abbastanza confortevole.
Mi buttai sulla brandina per riflettere un po', ero molto stanco e chiusi gli occhi.
La visione tornò prepotente nella mia testa.

Un uomo striscia fuori dal blindato, non sa quanto tempo è passato dall'impatto sul fondo della cava a quel momento. Quello che monopolizza la sua attenzione è qualcosa che non riesce a definirlo con precisione. Sembra un cristallo, o più precisamente un essere di cristallo, trasparente e giallo. Sente qualcosa alle sue spalle e si gira: vede i suoi aggressori contorcersi, urlare per il calore ed in fine accendersi in fiamme e morire auto-combusti.
Non sa come, ma crede che quell'essere lo stia fissando. Non parla, ma trasmette qualcosa. Lui lo sente, ed è una sensazione molto, molto precisa. “Non ci sarà una seconda volta per te. Vattene, io non esisto.”

Riaprii gli occhi di colpo e mi misi a sedere, infastidito per la continua ricorrenza di quella scena. Dovevo trovare un modo per rilassarmi e riposare, quindi decisi di tirare fuori la sigaretta. La fissai. “Cosa mi farebbero se sapessero tutto quanto?”, pensai mentre cominciai a concentrarmi sulla punta, “Non credo che potrò raccontarlo a nessuno. Non se voglio sopravvivere o uscire di qui.”
Alla fine di quel pensiero la punta della sigaretta cominciò a fumare leggermente per poi accendersi da sola. Mi guardai attorno di scatto perché non avevo controllato se c'erano telecamere nella stanza: nemmeno una.
Mi lasciai cadere sulla brandina e la fumai con calma ad occhi chiusi. Finita, gettai il mozzicone spento lontano e cercai di addormentarmi.