sabato 3 ottobre 2009

Cinical

Dialogue test - Part 1

Mi stupisce sempre. Non come la prima volta che la incontrai, ma resto sempre colpito dalla naturalezza del suo modo di fare. Era seduta al solito tavolo del Panama's Court mentre ammazzava l’attesa leggendo un manuale d'informatica vecchio di qualche anno e sorseggiando una bibita analcolica con la cannuccia.
Il delicato viso abbronzato di Anna era invaso da qualche ciocca di capelli castani mossi, che come sempre venivano lasciati a loro stessi. Indossava una polo gialla senza maniche, con i bordini bianchi, che, nonostante le fosse stretta sul torace, era incapace ad esaltare il seno quasi piatto (sceglieva apposta le magliette così piccole nella speranza che l'aiutassero, ma l'effetto non era mai quello desiderato) e dei jeans elasticizzati a vita bassa lunghi fino al ginocchio nascondevano la prima metà delle gambe sottili e robuste della giovane colombiana. A terra giacevano i suoi inseparabili infradito. Era carina, ma niente che facesse gridare al miracolo.
Bastarono un paio di passi nella sua direzione perché si accorgesse di me. Nel tempo necessario ad affiancarmi al tavolo, lei finì la bevanda in tutta fretta e chiuse il libro lasciandolo cadere sul tavolo.
«Ciao amore – esordì con tono sdolcinato mentre si alzava dalla sedia – andiamo subito?»
«Ciao – risposi freddamente, odiavo quella scenata – si per favore»
«Mi porti tu il libro amore?», si mise in punta di piedi per darmi un bacio sulla guancia. Non era più di un metro e sessanta; mi abbassai per aiutarla nel compito.
«Non mi sembra che tu abbia le mani occupate … – volevo farla arrabbiare – … ehi!»
Come risposta, la vidi uscire del locale avvertendomi ad alta voce che c'era la bibita da pagare. Il barista mi fece un cenno e sorrise. Saldai subito il conto e la raggiunsi mentre si dirigeva al parcheggio.
Fuori la giornata di fine primavera mostrava tutta la sua forza ed il sole era forte da stroncare il respiro.
Sbuffando le chiesi «E' possibile che ogni singola volta che ti chiamo per un lavoro dobbiamo fare questa stupida recita?»
Finalmente il suo tono era tornato il solito, cinico e polemico «Senti, te l'ho già detto. Tutti mi credono una puttana e a me va benissimo. E' una copertura che funziona e non ho intenzione di farla cascare solo perché al signorino 'a me non piace il tono mieloso' non gli va giù, capito?»
Anna si dirigeva a passo spedito verso la sua Honda bianca. Mi fermai, un po' preoccupato.
«Vuoi andare con la tua?», chiesi, fingendo stupore.
«Andiamo solo con la mia», rispose seccata.
Lo immaginavo, volevo farla ragionare «Eh no, cara! Io prendo la mia, sai che non mi fi—
«Piantala con questa storia! Non ho mai fatto un incidente e non ho intenzione di cominciare oggi". Sconsolato, mi diressi verso la portiera del passeggero. Poi riprese a borbottare «Tutte queste storie solo perché sono una donna»
«Veramente non è per quel—»
«Oh! Ma dai?», disse con tono di finto stupore mentre sbatteva la portiera «Vaffanculo!»
Non ebbi neanche il tempo di chiudere la mia di portiera che il cambio era già in D e la vecchia Civic faceva fischiettare allegramente le gomme per le strade di Colòn. Mi allacciai in fretta la cintura.
Anna era incredibile. La guardavo provando un misto di stupore e apprensione mentre faceva correre la sportiva berlinetta nel lento traffico delle due di pomeriggio. Sapevo che questo supplizio non sarebbe comunque durato più di cinque minuti, casa sua non era molto distante; approfittai del tempo a disposizione per scaricare un filo tensione e farla arrabbiare ancora un pochino.
«Mi deludi, guidi ancora con il cambio automatico», dissi ridacchiando.
«Fottiti, con il manuale è impossibile», mi rispose gelida.
Sbuffai. Mi aspettavo una reazione più calda, quindi mi limitai ad attendere preoccupato ed in silenzio la fine della corsa.
Fermò la vetturina nel solito vicolo, scese e prima di chiudere la portiera con un colpo d'anca esordì «Le chiavi sono nel quadro, puoi chiudermi la macchina?»
Presi le chiavi e chiusi la macchina come richiesto, la raggiunsi che era già dentro alla palazzina mentre saliva le scale ciabattando rumorosamente. Arrivammo al secondo piano e ci fermammo di fronte alla porta con recato scritto '2F'. Estrasse dalla tasca all'altezza del ginocchio sinistro un mazzo di chiavi e cominciò a sferragliare in cerca di quella giusta.
«Vuoi una mano?», mi resi conto troppo tardi che non era il modo migliore per chiederglielo.
«Già che ci sei, dammene due», rispose cinicamente porgendomi le chiavi.
Sapevo qual'era la chiave e aprii la porta.
L'appartamento di Anna era sempre quello, da anni ormai. Il condizionatore, il divano, il doppio tavolone e le strane sedie in giro per casa non erano cambiate; le uniche novità riguardavano i computer, i modem, i router, i gruppi di continuità e le schede in giro per casa. Sono certo che se qualcuno frequentasse casa sua con cadenza giornaliera noterebbe ogni giorno qualcosa di diverso comparire e scomparire come per magia.
«Siediti pure dove ti pare, vado un secondo in bagno e poi comincio»
Entrai nel salotto adibito a stanza di lavoro, dove tutte le apparecchiature informatiche facevano bella mostra di sé. Mi sedetti sul soffice divano e, fissando i computer, ripensai a come Anna cominciò questa vita.
Era figlia di un abile programmatore in Colombia che lavorava per il governo. Fin da piccola, nella sua cameretta, non aveva avuto né bambole, né sale del the per le amichette ma solo schede di computer, tastiere e monitor – anche perché il suo problema rendeva complicate le normali amicizie. Grazie ai computer e alla rete, passò una gioventù felice e nerd senza il minimo rimpianto, fino a quando i genitori non furono assassinati dai narcotrafficanti per colpa del lavoro del padre.
Lei, già maggiorenne all'epoca, decise di lasciare il paese. Ora è qui e sfrutta la sua grande abilità con i PC al servizio di noi mercenari, criminali e cacciatori di taglie. Per lei è l'unico modo per guadagnarsi da vivere; che destino beffardo, un abilità del genere e non poter lavorare in una ditta normale per via dei pregiudizi.
«Eccomi, possiamo partire», mi disse con tono cortese «Allora, ricordami di chi ti devo cercare i dati»
Mentre accendeva vari interruttori e batteva dei codici sulla tastiera, le dissi «Un certo Arnoldo Benítez Rodrígez, è un povero cristo che si è ritrovato nel posto sbagliato al momento sbagliato. E adesso ho bisogno di lui il prima possibile. Mi serve la sua attuale residenza, un report della carta di credito … insomma il solito checkup prima di partire alla caccia»
«A-ha … e puoi dirmi in cosa si è messo in mezzo?», chiese con un'aria innocente che non le si addiceva affatto.
«Le informazioni costano, e non ho in—»
«Sconto?», mi interruppe seria.
«Mmh …», mi grattai la testa «Quanto?»
Si prese qualche secondo prima di rispondere. «Un venti percento va bene?»
Annuii. «Il colpo all'assicurazione. Pare che sia invischiato più di quanto vorrebbe far credere»
«Capisco … senti, mi porteresti il vassoio rosso dalla cucina?», chiese mentre fissava il monitor e batteva qualcosa sulla logora tastiera personalizzata. Un vassoio con quattro sandwich attendeva sul tavolo della stanza accanto. Andai a prenderlo. «Dove vuoi che li poggio?», chiesi.
«Mettili pure qui accanto», accennò un movimento con la testa. Ne prese uno fra le dita e cominciò a mangiarlo. Avevano un bell'aspetto.
Mi guardò con la coda dell'occhio «Vuoi un sandwich? … sono ottimi», smise di operare sul PC e si girò verso di me con la sedia.
«Non mi piacciono», risposi distaccato.
«Guarda che non li ho comprati, li ho fatti con le mie … – sorrise amabilmente in tono di sfida – … manine»
«Capirai, no grazie. Usa piuttosto quelle tue manine per fare ciò che sai fare meglio. Pescami quei dati dalla rete, ti pago per questo»
«Le mie manine ti farebbero il dito medio se potessero», rispose stizzita mentre si girava di nuovo verso il terminale.
«Scusami … e che ho fretta», forse ero stato troppo serio.
«Si, si, hai sempre fretta tu», sbuffò.
Le dita cominciarono a correre rapide sulla tastiera. Era talmente veloce che sarebbe quasi potuta essere una dattilografa, nonostante tutto.
«Quanto tempo ti servirà stavolta?», chiesi preoccupato.
«Non molto, siediti e dammi cinque minuti, ok?», era completamente immersa nel lavoro
«Ok», gli risposi mentre tornavo a sedermi sul divano.
Approfittai dell'attesa per cominciare a contare i soldi del compenso. Povera Anna, che vitaccia, o ci nasci così o fai una fatica incredibile a sopravvivere. Lei ci era nata, e in questo forse, era stata più "fortunata"; normalmente non ci dava mai molto peso, o almeno, così voleva far credere in giro.
Finita la conta – 1.800 dollari statunitensi – chiusi gli occhi e mi poggiai allo schienale, rilassando collo e schiena, sperando di riuscire a riposare un minuto prima di ricominciare la corsa del mio "ultimo giorno".
Non ebbi il tempo di sospirare che un «Bingo!» gioioso mi fece riaprire gli occhi e, rassegnato per non poter risposare neanche un poco, mi alzai per raggiungere Anna che stava già stampando il foglio con gli estremi dei dati richiesti.
Me lo porse. «Ecco il riassunto dei dati che mi hai chiesto», disse con tono gioioso «visto che non ci ho messo tanto?»
«Sei un tesoro», le risposi sorridendo.
«Sì certo, come no», mi disse cinica «ti sto masterizzando un CD con tutti i dati estesi nel caso dovesse servirti, mentre finisce, lascia i soldi sul tavolo che li voglio contare»
«Non ti fidi mai, no?»
«Mai», rispose convinta.
La guardai mentre contava le banconote sul tavolo. «Davvero non so come fai», dissi con un sospiro «In più, sei un hacker eccellente e non sei mai stata scoperta»
«La mia maledizione è la mia benedizione; nessuno potrebbe mai sospettare di me» rispose con quel suo tono soddisfatto e triste allo stesso tempo che la caratterizzava ogni volta che si parlava del suo problema.
«Ok» riprese «i soldi sono apposto ed il cd è pronto. Possiamo andare, ti riporto al locale».

Mi lasciò davanti all'ingresso del locale mentre si allontanava rapidamente in auto.
La sua maledizione è la sua benedizione, mai parole più vere. Ripensavo a tutto quanto quello che mi aveva detto mentre camminavo verso la mia vecchia auto. Lei è completamente insospettabile. Chi avrebbe mai immaginato che una delle più grandi hacker dell'America centrale fosse una ragazza senza braccia dalla nascita.
Mi stupisce sempre.

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