mercoledì 9 settembre 2009

The Jarvis sacrifice

Earth Spaceocracy - Part 5

La H.E.L.I.C.S., nonostante le grandi disponibilità, si trovava di fronte ad un progetto colossale; non solo per quanto riguardava la prima e unica struttura del suo genere, quanto tutta la trasformazione dell’isola di Jarvis, da montagna di guano, nello snodo logistico multi modale più tecnologico al mondo. I 3,5 km2 dell’isolotto erano insufficienti per tutto il progetto, si sapeva fin dall’inizio, e nonostante la provenienza corallina e il suo habitat tropicale, le profonde e ramificate fondamenta e le colate di cemento armato furono posate senza alcun rimorso.
Gli ambientalisti non stettero a guardare con le mani in mano, si rendevano conto dell’importanza del progetto, ma si rendevano conto che, secondo quanto stabilito dal R.I.S.E., altri siti sarebbero stati altrettanto adatti per l’erezione; se non addirittura migliori. Nelle proteste che seguirono l’intera costruzione del sito, il nome dell’Ecuador veniva proposto e riproposto continuamente. Gli ambientalisti erano convinti che non si procedette alla costruzione su quel sito (nonostante anche avrebbe avuto un forte impatto ambientale anche lì) per motivi puramente politici. Che non stessero sbagliando, ad oggi, è palese, ma all’epoca non si sarebbe mai potuto immaginare quanto avrebbe diviso il mondo quella scelta.
Il progetto del centro multi modale si articolava sugli studi fatti dal R.I.S.E. Tutte le strutture di scarico per le navi portacontainer e non, l’aeroporto commerciale che sarebbe sorto di li a poco, le zone di controllo della pericolosità della merce, le strutture di adeguamento per i carichi, i magazzini di attesa e la zona di carico, erano tutti stati progettati per un volume di merce trasportato pari a 4N, dove N era la quantità prevista una volta arrivata a regime la struttura con la tecnologia attuale. Ci si aspettava quindi che nell’arco di utilizzo e di vita del complesso, la tecnologia sarebbe riuscita ad aumentare lo sfruttamento dei cavi e migliorare la tecnologia dei sollevatori portando fino a 4 volte il carico iniziale massimo ipotizzato. Le strutture di contorno, di conseguenza, erano state studiate per essere ampliate fin dal principio, secondo le planimetrie accuratamente studiate all’inizio del progetto, al ritmo scandito dell’evoluzione tecnologica a venire.
Tutto era stato previsto con precisione, dato l’enorme investimento, era giusto che tutti i dettagli fossero stati calcolati nell’infinitesimo e seguiti alla lettera, senza badare ai costi, che, nell’arco di utilizzo della struttura, si sarebbero ripagati. Al termine dei lavori durati quasi 11 anni e alla fine dell’estremo sacrificio di quel piccolo paradiso tropicale, la Holding for Ecquatorial Lifter International Construction Site, come preventivato, venne chiusa.
La porta per lo spazio era stata aperta per la prima volta nella storia dell’umanità.
L’ascensore spaziale era finalmente pronto.

2 commenti:

  1. ...che dire. Tanto di cappello! ho avuto la fortuna-sfortuna di leggere tutto di seguito... e quindi ora sapere che è l'ultimo post un po' mi addolora.

    Molto interessante... e viva l'ascensore spaziale!

    ...come una scimmia curiosa aspetto di scoprire come continua la storia :-D

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  2. :) Finalmente il mio PC è di nuovo funzionante ed On-line! Vedremo se riesco a tirar fuori un paio di illustrazioni

    ;) Sei grande fratellino!

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